venerdì 28 dicembre 2012

Tomaso Montanari su Spazi Docili in 'Giovanni Urbani, Per una archeologia del presente' (Skira, 2012)


Giovanni Urbani, Per una archeologia del presente - Scritti sull’arte contemporanea
a cura di Bruno Zanardi, saggi di Giorgio Agamben e Tomaso Montanari. Skira, 2012, pp. 272

Dalla postfazione di Tomaso Montanari, pp. 250-252:
"Così, dove cercare? Dove cercherebbe, oggi, Giovanni Urbani?
Certo lontano dal grande mercato internazionale, oltre il circuito dei Guggenheim in franchising, fuori dai cosiddetti musei (i ridicoli acronimi italici che - dal Maxxi al Macro, giù giù fino al Madre - fanno il verso al MoMa).
Fuori da tutto questo, e cioè fuori dal cono di luce mediatico, esiste naturalmente molto altro. E chissà cosa avrebbe detto Giovanni Urbani se avesse potuto conoscere, per non fare che un esempio, due giovani "artisti visivi" di oggi come Christian Costa e Fabrizio Ajello.
Un loro progetto - nato nel 2008 con il foucaultiano nome di "Spazi Docili" - si presenta con parole che sembrano, insieme, la conseguenza e l'attualizzazione di quelle scritte da Urbani mezzo secolo fa. Ma esse sono parole di artisti, e non di storici dell'arte o critici più o meno militanti. Vale dunque la pena di citarle estesamente:

Pezzi di città abbandonati, negletti, ignorati. Edifici storici murati, giardini monumentali divenuti terra incolta, strutture industriali fatiscenti, luoghi di cultura lasciati morire. Qui il potere, divenuto alterità inconoscibile, ci osserva. Il potere di ignorare o di riqualificare, di cambiare comunque la vita delle comunità. Non siamo noi a guardare tali spazi, sono essi a scrutare noi e ad imbarazzarci, a schiacciarci.
I processi di globalizzazione e le crisi economiche ad essi legate stanno spingendo sempre più periferie, complessi industriali e, in genere, luoghi non immediatamente gestibili o sfruttabili verso l’abbandono e l’oblio. Come se ciò non bastasse in Italia da diversi anni sembra ormai del tutto smarrita la capacità di affrontare il territorio e di pianificare una sana vita culturale. Il punto di contatto tra queste due tendenze è costituito dalla sempre più frequente rimozione di intere parti delle nostre città e dal placido rifiuto di affrontarne i problemi.
Se ciò risulta drammaticamente evidente nel Meridione d’Italia, nelle città “a misura d’uomo” del ricco Centro-Nord questa congiuntura si declina semplicemente secondo forme diverse. Dove mancano le periferie l’incapacità gestionale e amministrativa penetra fin dentro i centri storici, cercando di nascondere sé stessa attraverso operazioni di facciata e comunicazione brillante. Ogni giorno, senza nemmeno riconoscerle, passiamo accanto a strutture che invece di generare reddito, offrire servizi, proporre discorsi culturali restano malinconicamente sprangate e non utilizzate.
Il progetto Spazi docili intende esplorare le modalità attraverso le quali realtà come Firenze smentiscono il proprio stereotipo di città aperta, accogliente, ricca, culturalmente dinamica. La sottrazione di intere aree dal vissuto cittadino sembra essere ormai da anni una delle forme privilegiate attraverso le quali le classi dirigenti rendono palese la loro incapacità di gestire il territorio, riqualificarlo o anche solo connotarlo attraverso politiche culturali.
Questo progetto intende partire dalla documentazione degli spazi attraverso un discorso eminentemente urbanistico-architettonico-funzionale come chiave di lettura per capire e affrontare la sconcertante irrilevanza, in campo culturale ma non solo, della classe politica italiana.
Secondo aspetto del progetto è quello dell’analisi dei materiali raccolti, attraverso il coinvolgimento di tecnici e ricercatori secondo un approccio multidisciplinare, in una continua riflessione critica e divulgazione dei risultati.
Terzo livello è quello artistico: partire dalla documentazione e comprensione razionale della realtà per arrivare alla comprensione empatica, di pancia, arazionale, secondo le forme dell'arte. I linguaggi artistici per creare nuovo immaginario connesso ai luoghi; per far concepire alle persone modi diversi di vedere ed usare i loro spazi; per far uscire i luoghi dal degrado, che parte sempre, prima di tutto, dalle categorie secondo le quali guardiamo e valutiamo la realtà, a prescindere da essa. Il giudizio è già dentro di noi. E solo l'arte cambia tali forme mentali, e anche nel breve periodo. Così l'arte può cambiare il mondo.

Ecco, leggendo un "manifesto" come questo, sentendo che qualcuno vuol 'essere artista' e 'fare arte' in questo modo e con questi obiettivi, viene da pensare che ancora potremo contare su occhi e su mani che ci aiutino a vedere il mondo, e a cambiarlo.
Forse Giovanni Urbani avrebbe trovato in questi timidi segni un buon motivo per non "abbandonare la partita". E noi con lui."



sabato 1 dicembre 2012

Il corpo mistico di Matteo Renzi / The ‘mystic’ body of Matteo Renzi

ArtVerona 2012 è stata l’occasione per far emergere una modalità operativa di Spazi Docili che si sta progressivamente trasformando in un corpus di lavori.
Da tempo siamo convinti (vedi la processione della statua di S.Orsola o le azioni con gli ex voto in silicone) che i linguaggi del sacro adoperati in un contesto pubblico risultino fecondamente stranianti e portatori di alterità, qualora non banalizzati.

Dopo una lunga discussione il lavoro da portare a Verona ha preso la forma di una installazione relazionale incentrata sul corpo mistico del politico che più è sembrato avere negli ultimi tempi virtù taumaturgiche: Matteo Renzi.

The ArtVerona 2012 art fair has been an opportunity to show a Spazi Docili [Docile Spaces] aesthetic practice which is gradually turning into a series of works.
We are convinced since a long time - see the procession of the St. Ursula statue or the actions with silicone ex-votos - that the languages ​​of the sacred, if not trivialized, can be fruitfully uncanny and convey a sense of otherness in a public context.

After a long discussion the work to show in Verona took the form of a relational installation focused on the ‘mystic’ body of the Italian politician which more than anybody else in the last times seemed to have miraculous virtues: the Mayor of Florence, Matteo Renzi.


Era fondamentale per noi realizzare un lavoro che NON fosse univocamente leggibile come positivo o negativo, apologetico o stroncatorio, ma che preservasse la ricchezza di relazione e interpretazione che ogni cittadino, elettore e appassionato d’arte ha nei confronti della classe politica italiana.
Abbiamo perciò rappresentato Renzi come si rappresenta la Madonna o i Santi in area meridionale/mediterranea: il solo volto (come nelle icone) ritagliato in un tessuto assai ‘presente’ che copre allo sguardo il resto del corpo, gli ex voto per grazia ricevuta disposti anarchicamente tutto all’intorno e scintillanti, l’immancabile cornice dorata di dubbio gusto.

It was essential for us to produce a work which COULDN’T be univocally considered as positive or negative, exalting or criticizing. We wanted to preserve the complexity of the relation and interpretation which every citizen, elector and art enthusiast has towards the (Italian) political class.
That’s why we represented Renzi as it’s usual to represent Madonnas or Saints in the Southern/Mediterranean part of Italy: the sole face (as in icons) cut out in a very ‘evident’ fabric which covers the rest of the body, the ex-votos – per grazia ricevuta: to thank for a received grace – anarchically arranged all around and shining and the inevitable cheap golden frame.
lyhi ia ricevuta: grace - y, y,


Confidavamo nel fatto che quest’immagine, pur se fortemente apologetica (avendo in ogni caso assimilato Matteo Renzi ad un Santo o alla Madonna portatori di grazie), non venisse colta come tale in un ambito settentrionale e che di conseguenza fosse in grado di far emergere quello che più ci interessava: il rapporto dell’osservatore con il corpo taumaturgico del Potente/Santo.

We relied on the fact that this image, even if strongly celebratory (seeing that we compared Matteo Renzi to a Saint or to the Holy Mary bearer of graces), wouldn’t be perceived as such in the Northern part of the country and therefore that it would be able to highlight what we were interested about: the relationship of the observer with the ‘miraculous’ body of the Powerful Man/Saint.

 

Le reazioni non si sono fatte attendere: si sono avvicinate tantissime persone favorevoli a Renzi lodandoci poiché avevamo dato forma alla speranza che secondo loro egli esprime. Allo stesso modo si sono avvicinate tantissime persone non favorevoli a Renzi lodandoci poiché avevamo dato forma all’angoscia che secondo loro egli esprime.

We didn’t have to wait for reactions: a lot of people friendly to Renzi approached our stand praising us because we were able to give form to the hope which he embodies, in their opinion. In the same way a lot of people unfriendly to Renzi approached our stand praising us because we were able to give form to the anxiety which he embodies, in their opinion.

 

Abbiamo così avuto la conferma di essere riusciti a creare, attraverso l'uso dei linguaggi estetici, un dispositivo relazionale capace di essere interpretato in maniere anche diametralmente opposte, a seconda del sentimento degli osservatori. Un dispositivo in grado di generare sguardi, discussioni e confronto.

All this confirmed we were able to apply aesthetic languages to create a relational dispositif able to be interpreted even in completely opposite ways, depending on the feelings of the observers. A dispositif able to generate glances, discussions and confrontation.


L’uso di ‘materiali politici’ ha anche palesato quale rapporto con il reale il pubblico di una fiera d’arte sia disposto a concedere alle arti visive. Qual è il ruolo dell’arte? L’arte può seriamente interferire nelle dinamiche socio-politico-economiche o deve limitarsi ad essere artigianato di iperlusso per le classi abbienti?

The use of 'political materials' revealed also what kind of relationship with the real an art fair audience is willing to grant to the visual arts. What is the role of art? Art can seriously interfere with social-political-economic dynamics or should consist of extra luxurious handicraft for the upper classes?


La visibile disapprovazione o lo stupore costernato di parte degli osservatori (uniti ad una probabile incomprensione della simbologia del sacro adoperata) ha finito per dividere nettamente il pubblico tra entusiasmo e riprovazione, come da noi auspicato.
Spazi Docili ritiene infatti che l’arte non debba essere un lecca-lecca rassicurante capace di unire tutti gli astanti in una innocua piacevolezza, ma un dispositivo capace di dividere e di costringere le persone a prendere posizione.

The evident disapproval or dismayed astonishment of a part of the observers (combined with a likely misunderstanding of the symbolism of the sacred) clearly divided the audience between enthusiasm and reprobation, as we hoped.
Spazi Docili [Docile Spaces] believes that art should not be a reassuring lollipop able to unite the observers in a harmless pleasantness, but a dispositif able to divide and to force people to take sides.